12 dicembre 2011

Cerchi che non sai

Devi sapere che ieri notte ero fuori città, nel parcheggio di un grande magazzino, insieme ai miei soliti amigos. Eravamo lì per scoppiare petardi. A ventiquattro anni suonati, eh, mica a dodici. Miniciccioli, per l'esattezza: poco più che miccette
Ci guardavamo intorno dopo ogni deflagrazione, cercando di capire se, attraverso la foschia giallognola, la pula fosse in arrivo. Niente. Intorno a noi solo qualche auto appannata dove si consumavano amori rubacchiati.

Non era molto freddo, ma l'umidità, cazzo, quanta umidità c'era.
Facciamo saltare buste del McDonald's, bottigliette di plastica, pacchetti di sigarette, preservativi usati, lattine. Solita roba, insomma. 
Poi piazziamo un minicicciolo su un alberello morto, tutto secco, ce lo appiccichiamo con una gomma appena masticata. Gli diamo fuoco, ci allontaniamo.  
Bum.

A questo punto dal fumo azzurrognolo che si va a depositare si fa strada un cerchio di fumo perfetto, grosso e snello, trenta centimetri di diametro, e all'inizio penso: figata. Poi il cerchio continua la sua corsa per l'aria, in diagonale, e non si disfa, né svanisce. Passano cinque, dieci secondi. Rigira, rotola su sé stesso senza consumarsi, si allarga un po', ma continua a fendere lentamente la luce gialla dei lampioni a basso costo. Noi non riusciamo a distogliere lo sguardo. Io ci vado sotto, per guardarlo, e mi sembra quasi che si nutra di tutto l'umido, di tutta la foschia che lo circonda: quasi non voglia andarsene e strappi quello che trova intorno, a portata di lembo. Passano altri dieci, venti secondi, il cerchio rallenta. Io guardo gli altri: dura troppo, sembriamo dirci. Più che strano. Ritorno a fissare il cerchio, sempre lì, ma ora sembra rallentare, inciampare, incepparsi. Per qualche altro secondo sta lassù, orgoglioso, poi si spezza, implode, si disperde in un attimo. 

Quanto sarà durato? A lungo. Forse un minuto, forse meno, forse più. Ma sembrava una vita, te lo assicuro. 
Perché quel cerchio? Perché così a lungo? Centra l'umidità, la nebbia circostante? O magari l'inclinazione del petardo? O la gomma con cui l'abbiamo incollato all'alberello secco? Quante possibilità c'erano?
Storia vera, vecchia di otto ore.

Abbiamo fatto saltare qualche altro petardo con gusto, certo, ma aspettandoci un altro cerchio, o qualcosa di meglio.
Nessuno ci ha rotto il cazzo, ma chissà quanto ci hanno odiato i ragazzi dentro quelle macchine tutte appannate.
A ventiquattro anni, mica dodici.

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